Texts

2020

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Zyta Misztal v. Blechinger per la rivista FORMAT:
Intellettuale nomade. Crea la sua poetica, costruendo relazioni complesse e dinamiche, attraverso emozioni codificate, impressioni cromatiche e associazioni. Vaga nel mondo senza percezioni mediate. Preferisce uno stile aperto, in cui entra in modo puro, bello e convincente. Lavora principalmente alla luce del giorno. La sua pittura? È un tentativo sia astratto che espressivo di catturare la temporalità e la natura umana in una dimensione filosofica. Il suo è un desiderio di rendere il supporto un luogo pieno di sincera vitalità e fascino, dove si generano forme sintetiche definite dal colore. Le piega con una linea forte, ne sposta il contorno, mette in moto i colori, dando un ritmo che è impulso. Paola Alborghetti attinge alla suggestione della realtà osservando ciò che la circonda, per poi comporre un disco astratto che nasce dall'atmosfera e dalle impressioni, dalla simulazione mentale e dai ricordi. La sua pittura trae le sue fondamenta dall'esperienza empirica di momenti in luoghi diversi. Essendo in costante movimento, raccoglie la diversità che si riversa sulla tela in modo sempre più ricco e consapevole. Il suo lavoro ci ricorda che l'uomo non esiste solo nel contesto umano, ma in un contesto universale.


2016

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Da un testo di Silvia Conta per Expoarte, Giugno 2016:


L'opera Archeologie (2016), realizzato nella residenza che sta effettuando in questi mesi in una piccolo castello a pochi chilometri da Dresda, in una condizione di totale immersione nella storia e nella natura. Il dipinto è un vivace insieme di zone geometriche dai toni in prevalenza bruni e rosati. L’immagine è astratta, ma l’occhio tende a coglierci una scena che si svolge davanti ad un panno – una sorta di quinta teatrale– davanti a cui stanno due, tre o quattro figure dai tratti umani, a seconda di come l’osservatore legga l’immagine, in particolare la forma grigia, che può ricordare o meno un busto su un piedistallo. In quest’opera emergono con grande immediatezza due delle principali caratteristiche della ricerca dell’artista: la dirompente forza del colore, in genere liberato in grandi campiture, e un’astrazione spesso al limite con l’accenno ad elementi figurativi, liberati da una funzione descrittiva grazie all’assenza di riferimenti definiti per un’univoca lettura dell’opera nella sua totalità.

Alborghetti trae le forme della sua pittura dalla suggestione del reale: esperire e osservare ciò che la circonda – in prevalenza il paesaggio – per poi ricomporre fascinazioni, impressioni coloristiche, associazioni sulla tela in un’astrazione in cui i colori, le forme e l’interagire delle campiture tra loro ricordano elementi espressionisti. L’artista opera su due piani paralleli, entrambi ancorati a momenti precisi, anche se differenti a livello temporale: nel momento del dipingere Alborghetti è molto influenzata dalla luce, dallo spazio, dai materiali a disposizione e dall’atmosfera che percepisce all’interno del luogo in cui dipinge, ma allo stesso tempo porta sulla tela immagini, colori, luminosità che ha osservato altrove, non, tuttavia, con l’intento di realizzare dei paesaggi classici o scene verosimili, ma di fare della tela un luogo vivo, che accoglie il dinamico rapporto tra l’artista, la tela e il colore nel momento della sua realizzazione, che diviene il vero soggetto dell’opera. Per poter mantenere vivo, vibrante e non di maniera questo modo di procedere, Alborghetti necessita di nutrirsi – visivamente – di paesaggi, atmosfere, incontri con grande assiduità. Da qui nasce per l’artista una costante propensione al viaggio, allo spostamento, per effettuare residenze in istituzioni o periodi di permanenza organizzati in modo autonomo, fino a giungere recentemente, nei Paesi Bassi e in Giappone, in un arricchimento umano, visivo ed esperienziale, che si riversa sulla tela in modo sempre più ricco e consapevole.


2015

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Dal testo di Alice Ginaldi per la mostra “Lo sguardo nomade” di Paola Alborghetti ed Eckehard Fuchs, Spazio Natta, Como, 2015:

Il lauto universo di Paola Alborghetti si svolge su un’alternanza di molteplici registri pittorici. La figurazione c’è, esiste, pur essendo deprecata da una stesura giocosa e libera, fatta di sovrapposizioni geometriche a plàt tipo “tangram” pastello, di coriandoli cromatici, di concrezioni pittoriche. L’aneddotico è come spinto in un mondo immaginifico, segregato in una favola pittorica che restituisce una forte vivacità propulsiva. Interessante l’uso della tavolozza dei bruni che sciolgono il mondo carnevalesco dei colori, riportandolo su registri più sobri e restituendo al dipinto un’equilibrata dignità. L’onda in movimento della sua pittura abbraccia oggetti dal sapore esotico, materiali terrosi e soprattutto si interessa a soluzioni tecniche volte a restituire differenti sensazioni tattili. La superficie è combattuta tra il mostrare il supporto o celarlo, tra il dispiegarsi liscia o l’arricciarsi sotto agglomerati materici, tra il farsi graffiare o l’essere riparata da collage.

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Dall'intervista per Lobodilattice, 2015:


Cosa fai? Mi apro completamente al momento e posso dire che forse solo nell'attimo del dipingere sono davvero ciò che vorrei essere: me stessa, senza troppo chiedere ed avere pretese dall'esterno. È in questo momento che le esperienze legate ai cinque sensi si rivelano liberamente attraverso forme e colori. La mia ricerca artistica, come la vita, è un processo aperto a diverse contingenze, come il vissuto e il visto, il luogo di lavoro, la luce. Queste, come particelle di colore, si rifugiano spontaneamente in una forma o danzano al suo esterno. Io non faccio altro che raccoglierle su un supporto e offrirle allo spettatore, perché le faccia suo racconto personale.

Cosa vuoi? Penso al lavoro dell'artista come un libro aperto con diverse possibilità di lettura. Nessuno ha ragione o torto. Il sentimento e la capacità di immaginazione di ognuno decidono quale sarà la sua strada, se sarà accettato e fatto storia propria oppure se passerà indifferente. È a questa libertà che mi piace pensare e a quella che sempre mi accompagna nel lavoro. La lotta tra la supremazia della ragione e quella della pura percezione, del sentimento ci accompagna sempre e nell'opera può trovare nuovo respiro. Io, per ora, voglio continuare ad offrire libri aperti, non importa con quale titolo. Chi deciderà di aprirli potrà sceglierne uno.