ESPOARTE – POSTCARDS TO ITALY #17: DRESDA

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ITALIANI ALL’ESTERO: PAOLA ALBORGHETTI
“È a Dresda che mi sono davvero affacciata al mondo della pittura”
a cura di Silvia Conta
Paola Alborghetti è nata a Besana Brianza (MI), nel 1975. Vive e lavora tra Dresda e Valbrona (Como).
Un ventina d’anni fa Paola Alborghetti è partita, giovanissima, per Dresda, in Germania, verso quella che pensava essere una breve esperienza Erasmus come studentessa dell’Accademia di Brera. Con la frequentazione della Kunstakademie nella città tedesca, Alborghetti si è trovata in una dimensione per lei profondamente diversa da quella che le era abituale, lanciata in una dimensione del fare, sperimentare con tela e pennelli di cui era parte importante un serrato e costante dibattito con gli altri studenti. Una doccia fredda, per una studentessa che, all’epoca, aveva conosciuto un approccio all’arte più teorico e passivo. Per lei questa situazione è stata il primo, vero banco di prova, dove è stata costretta a confrontarsi in modo diretto e schietto con il proprio rapporto con l’arte, ad interrogarsi sulla propria volontà di affrontare un percorso di ricerca basato sull’incessante mettere in discussione percorsi e metodi, affacciato sulla prospettiva di un percorso lungo e totalizzante che avesse come obiettivo lo sviluppo di una ricerca artistica personale. La disponibilità di atelier, materiali, ampie progettualità, occasioni di confronto e i legami sempre più stretti con altri studenti hanno fatto della “Firenze sull’Elba” – altro nome dato alla città di Dresda per il ruolo di punto di riferimento dell’arte europea che ebbe nei secoli scorsi, dalle importanti collezioni museali, alla presenza di Bernardo Bellotto, J. J. Winckelmann, fino alla nascita del movimento Die Brücke – la dimora scelta da Paola Alborghetti, che ha sempre mantenuto anche un legame molto stretto con l’Italia, dove trascorre alcuni mesi l’anno.
Per Postcards to Italy l’artista ci ha inviato il grande dipinto inedito, Archeologie (2016), appenarealizzato nella residenza che sta effettuando in questi mesi in una piccolo castello a pochi chilometri da Dresda, in una condizione di totale immersione nella storia e nella natura. Il dipinto è un vivace insieme di zone geometriche dai toni in prevalenza bruni e rosati. L’immagine è astratta, ma l’occhio tende a coglierci una scena che si svolge davanti ad un panno – una sorta di quinta teatrale– davanti a cui stanno due, tre o quattro figure dai tratti umani, a seconda di come l’osservatore legga l’immagine, in particolare la forma grigia, che può ricordare o meno un busto su un piedistallo. In quest’opera emergono con grande immediatezza due delle principali caratteristiche della ricerca dell’artista: la dirompente forza del colore, in genere liberato in grandi campiture, e un’astrazione spesso al limite con l’accenno ad elementi figurativi, liberati da una funzione descrittiva grazie all’assenza di riferimenti definiti per un’univoca lettura dell’opera nella sua totalità.
Alborghetti trae le forme della sua pittura dalla suggestione del reale: esperire e osservare ciò che la circonda – in prevalenza il paesaggio – per poi ricomporre fascinazioni, impressioni coloristiche, associazioni sulla tela in un’astrazione in cui i colori, le forme e l’interagire delle campiture tra loro ricordano elementi espressionisti. L’artista opera su due piani paralleli, entrambi ancorati a momenti precisi, anche se differenti a livello temporale: nel momento del dipingere Alborghetti è molto influenzata dalla luce, dallo spazio, dai materiali a disposizione e dall’atmosfera che percepisce all’interno del luogo in cui dipinge, ma allo stesso tempo porta sulla tela immagini, colori, luminosità che ha osservato altrove, non, tuttavia, con l’intento di realizzare dei paesaggi classici o scene verosimili, ma di fare della tela un luogo vivo, che accoglie il dinamico rapporto tra l’artista, la tela e il colore nel momento della sua realizzazione, che diviene il vero soggetto dell’opera. Per poter mantenere vivo, vibrante e non di maniera questo modo di procedere, Alborghetti necessita di nutrirsi – visivamente – di paesaggi, atmosfere, incontri con grande assiduità. Da qui nasce per l’artista una costante propensione al viaggio, allo spostamento, per effettuare residenze in istituzioni o periodi di permanenza organizzati in modo autonomo, fino a giungere recentemente, nei Paesi Bassi e in Giappone, in un arricchimento umano, visivo ed esperienziale, che si riversa sulla tela in modo sempre più ricco e consapevole.